Clitennestra uccide suo marito Agamennone al ritorno dalla guerra di Troia.
Cos’ha fatto durante i dieci anni d’assenza del suo grande amore?
Perché l’ha ucciso con l’aiuto del suo amante?
Quale prezzo ha dovuto pagare per il suo sconfinato amore e per il suo efferato delitto?
Le parole mai scontate della Yourcenar descrivono con precisione chirurgica non solo i fatti, ma anche le motivazioni che portano la sventurata eroina dai capelli (ormai) grigi ad impugnare il coltello che ucciderà l’unico vero amore della sua vita.
La regia asciutta e moderna di Paolo Cutuli, che si avvale solo di tre valigie con le rotelle che identificano i personaggi, è tutta al servizio del testo. Un testo preciso e spietato. Tuttavia, in alcuni punti, il testo lascia spazio alle pantomime di Clitennestra che sulle canzoni di Loredana Berté, Depeche Mode, Piccola Orchestra Avion Travel e 99 Posse, raccontano il suo corpo che aspetta e il suo corpo che uccide.
Il pubblico di questo spettacolo diventa la corte che giudica Clitennestra; diventa il popolo di vedove in attesa del ritorno del marito soldato; diventa un campo solitario in cui si nasconde Egisto. Il pubblico respira le invasioni di Clitennestra e Clitennestra respira gli sguardi e ad essi si rivolge come ultima preghiera: per chiarirsi e per chiarire, per prendere una decisione finale.