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Conferenza tragicheffimera -sui concetti ingannevoli dell’arte-

da “La situazione dell’artista” di T. Kantor, “L’arte del Teatro” di G. Craig e “Ione” di Platone

Conferenza tragicheffimera -sui concetti ingannevoli dell’arte-

 

Spettacolo Vincitore del Premio E45 Napoli Fringe Festival 2013

Performance/conferenza tragicomica intorno ai temi dell’uomo, dunque dell’arte, di quell’arte che prescinde da ogni inganno e che, per sua natura effimera, legittima ogni piega della vita. Cercare non fuori di sé, ma dentro di sé. Perdere tutto significa ritrovare tutto.

 

L’attrice e il suo oggetto: prove semiserie di un tentativo d’azione.

Una non più giovane donna, iscritta da anni all’ufficio collocamento, riceve in omaggio dall’ente teatrale del comune di appartenenza un paio di ali molto ben confezionate con annessa rinnovata carta d’identità, intestata a nome della stessa con, alla voce professione, il titolo di attrice.

Il dono/riconoscimento rientra nelle operazioni di dismissione del teatro e dell’attigua costumeria a fini di mutazione dell’edificio medesimo a supermercato.

Le ingombranti, schiaccianti ali si avvicenderanno in scena mettendo in chiaro oltre che in “atto”, l’impossibile poco artistica impresa della non più giovane donna di spiccare il volo.

Nonostante tutto, manipolata dall’oggetto, proprio partendo dal limite in cui si ritrova immersa, la donna riconosce la propria, personale, poco burocratica direzione e ritrova il suo vero verso.

Perdere tutto significa ritrovare tutto.

Cercare non fuori di sé, ma dentro di sé.

E’ performance/conferenza tragicomica intorno ai temi dell’uomo, dunque dell’arte, di quell’arte che prescinde da ogni inganno e che, per sua natura effimera, legittima ogni piega della vita.

E’ conferenza sulla gravità contemporanea, concetto ingannevole costruito dall’uomo contro l’uomo, pronto ad escludere ogni possibile ascesa.

E’ manifesto d’arte. E’ manifesto di vita. E’ lezione di volo democratico.

E’ un percorso paradossalmente a ritroso, nell’illusione di maturare in una nuova ritrovata infanzia salvifica.

“Non c’è niente di più bello, che farsi crescere le ali!” Gli uccelli di Aristofane.

E’ conferenza impossibile intorno all’oggetto del respiro, chiamato anima, che può e deve percorrere la propria linea infinita a lei donata dai cieli del mondo. E’ il dna del nostro al di là, per il quale bisogna ci si metta ogni cura e scienza per tutto il tempo che ci vede di qua.

Prendendo in prestito l’immagine del Fedro di Platone l’anima, quando è in possesso delle ali, si dirige verso il cielo e lo percorre in tutta la sua estensione e domina il mondo dall’alto.

Quando però l’anima perde le ali precipita in basso e si afferra, nella caduta ad un corpo solido, pesante e inanimato, al quale conferisce il movimento: questo insieme di anima e corpo è ciò che viene chiamato mortale. La qualità di immortale non può essere illustrata in modo altrettanto preciso, tuttavia ci è ugualmente nota…

“E’ dal limite che vien fuori l’opera d’arte” T. Kantor

Rassegna stampa di Conferenza tragicheffimera -sui concetti ingannevoli dell’arte”:

Il monologo della brava Cristiana Minasi propone molti spunti sul tema dell’arte. La riduzione ad unum degli attori non è una volta tanto solo l’espressione di una parodia o dello spettacolo di un comico che di battuta in battuta diverte il pubblico. Il contenuto si unisce perfettamente alla forma con la quale l’attrice l’ha esposto, una conferenza.

La frase di Tadeusz Kantor che guida i ragionamenti della Minasi “È dal limite che viene fuori l’opera d’arte”, sprigiona una forza immane. Così, immaginando il pubblico come una platea di ascoltatori intervenuti ad una giornata di studi sul tema dell’opera d’arte, ha iniziato la sua Conferenza tragicheffimera -sui concetti ingannevoli dell’arte. Non sono stati trattati ovviamente concetti quali il bello e il sublime nell’opera d’arte, ma nonostante ciò il monologo ha tentato di definire che cosa essa sia: il famoso quid, ovvero l’essenza stessa della natura artistica, poiché non ci si può interrogare su cos’è l’arte senza imbattersi nell’ulteriore domanda di cosa è o chi sia l’artista. Ecco che il tema trattato diventa subito qualcosa di strettamente personale, di intimo. L’attrice ci compare dinanzi con un paio d’ali, molto usate al giorno d’oggi, e tenta disperatamente di imparare ad usarle. Quelle ali rappresentano il sogno, l’alterità, quel limite che appartiene alla natura umana e che l’artista non riesce a soffocare. Raccontando alcuni episodi dell’infanzia, la Minasi sottolinea spesso quest’aspetto di ostracismo nel quale viene gettato l’artista dalla società. Tuttavia è proprio questa condizione di duplice sofferenza a far sì che il sentimento travolga con le forme dell’arte chi la compie, infatti l’artista si ritrova ad essere, suo malgrado, ad un tempo soggetto agente dell’arte e suo passivo interlocutore. Il contrasto si acuisce quando il limite inteso come parzialità e materialità dell’essere umano viene trasceso. Ritorna allora il sentimento di Dio o di qualcosa che va oltre la normale percezione alla quale siamo abituati. Da qui nasce quel contrasto di cui si è detto tra individuo-artista e società. Quest’ultimo può risolversi solo con la benevola accettazione da parte della società verso l’artista del suo misero stato di ‘svanito’. Eppure l’accento posto dalla Minasi sul rapporto tra Singolo e Dio fa ricordare Kierkegaard e la sua filosofia espressa nello scritto “Il concetto dell’angoscia”. La paura di cui la nostra attrice ci parla, quel senso di timore per ciò che si prova e la conseguente angoscia di non riuscire ad esprimerlo, si riallaccia a quel sentimento terribile di impotenza più estremo e generalizzato, poiché collegato ad ogni campo e attività dell’esistenza, raccontatoci dal filosofo danese: “Ciò che io sono è un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero tra il freddo e il caldo, la sapienza e la stupidaggine, tra il qualche cosa e il nulla come un semplice forse” (Stadien auf dem Lebensweg, trad. Scherempf-Pfeiderer). Ma rispetto a Kirkegaard la nostra è più decisa ad un impegno che cerchi di affrontare la paura del limite e del conseguente sentimento di impotenza che da esso si sviluppa. L’arte si configura così come un continuo superamento dei limiti imposti alle nostre capacità naturali. Tutto ciò si inserisce nel quadro della più recente storia dell’arte, un esempio evidente è l’astrattismo che con Klee e Kandinsky si traduce in spiritualismo. Eppure alla fine della sua dissertazione la Minasi ci lascia con un senso di vaghezza. Tutto quanto detto nel monologo è sentito dall’attrice, ma sarà poi la verità? Ecco che l’eterno dilemma ritorna e ritorna perché non vi è miglior effetto scenico del dubbio,che s’insinua negli spettatori. Da qui potranno ripartire altre commedie e drammi sull’arte o disquisizioni tragico-comiche.

                                                                                                                                      Domenico Romano, www.il pickwick.it

                                                                                                                                                          

“Pare proprio che tu non abbia espresso un giudizio diverso da ciò che provi: la meraviglia è il principio del filosofare” E’ con queste parole del Teeteto di Platone che voglio introdurre quello che vuole essere l’elogio e il ringraziamento di uno spettatore appassionato (dall’etimo ‘pathos’, ‘sofferenza’) fantasticamente emozionato e coinvolto. Lo stupore è l’essenza originaria dell’uomo. E la vita che si fa opera d’arte riconduce allo stupore. La meraviglia esordisce quando a manifestarsi è il mondo non tanto colto nel suo aspetto universale o in quello particolare, bensì quando è colto l’originale mistero dell’essere-al-mondo, del nostro esistere. Il Vostro spettacolo, Conferenza tragicheffimera – sui concetti ingannevoli dell’arte, si innesta a pieno titolo in questa sacralità. Infatti, la filosofia, che è molte cose assieme, è prima d’ogni altra, l’essere consapevoli. Ed è la consapevolezza che si impossessa di questo ritratto dolce e mitico di donna, non più giovane, la quale scopre il definitivo contrarsi di un mondo istituzionalizzato e rassicurante che pone fuori della sua compattezza la possibilità di un’anima. Ma quella che a primo acchito può apparire ‘frustrazione’, sofferenza del mancato ‘collocamento’, ‘inquadramento’, in realtà si pone già come occasione per la salvezza. La rivelazione che ci dona non è tanto che la condizione dell’artista in quanto tale è limitata, ma è la condizione dell’umano nella sua pienezza a soccombere davanti al limite. Il compito dell’artista è allora di ridestare l’umano che è in ognuno di noi. Certo l’artista non è un eroe, ma il suo pregio esclusivo risiede proprio nel porsi di fronte la paura del separarsi dal limite, del superarlo, e mostrarci che lo slancio verso un ‘topos’ il-limitato è sempre possibile e necessario. Se pochi sono coloro che indossano le ali, sempre più numerosi sono coloro che lo desiderano. L’artista rievoca questo desiderio e lo affida agli scaffali della nostra anima, affinché ciascuno ri-trovi personalmente lo slancio per affrancarlo. Abbiamo, pertanto, un disperato bisogno d’arte e di artisti.

                                                                                                                                                                                  Mariano Liccardi

carullo minasi

“Quanta energia emana in scena dall’esile figura di Cristiana Minasi in questa Conferenza tragicheffimera, spettacolo che assieme a Due passi sono e T/Empio chiude la trilogia che il duo siciliano ha dedicato a Platone. L’attrice è brava ed energica nel dominare lo spazio e nel cogliere al volo ogni possibilità offerta dal pubblico in sala. L’interazione con lo spettatore è, infatti, una delle caratteristiche precipue del lavoro, che prosegue nella direzione -caratterizzante la Compagnia- di una poetica dolce e delicata, fatta di piccole cose. E la semplicità, sfruttata in tutto il suo potenziale, diventa forza che dona respiro e struttura”.

Marco Menini, Hystrio


 

Programmazione

12 aprile 2015 ore 19.00

 

Biglietti

Acquistabile solo al Botteghino.

 

Cast Artistico

Giuseppe Carullo

Cristiana Minasi

 

Cast Tecnico

Produzione: Carullo - Minasi

Di e con : Cristiana Minasi

Regia: Cristiana Minasi; Domenico Cucinotta

Aiuto Regia: Giuseppe Carullo