Testi originali di Giacomo Leopardi
dalle due Operette Morali: Il Copernico e Galantuomo e Mondo
Diretto ed interpretato da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
Disegno Luci Roberto Bonaventura
Scene e Costumi Cinzia Muscolino
Scenotecnica Pierino Botto
Assistente regia Veronica Zito
Produzione Carullo-Minasi e Federgat
Ringraziamenti Giovanna La Maestra, Angelo Tripodo, Simone Carullo
In scena due attori con un carro di Tespi, in una partitura raffinata di gesti e parole, giocano i personaggi di due Operette Morali di Leopardi, per portare amare e ironiche riflessioni sulla nullità del genere umano. Uno spettacolo sulla miseria come potenziale valore, uno spettacolo sulla miseria come condanna.
Se ne “Il Copernico” l’uomo, ricollocato ai margini dell’universo, può sperare nell’ arte poetica dunque nella rivoluzione del nuovo mirare nella profondità della propria miseria, in “Galantuomo e Mondo” la rivoluzione procede al contrario e diventa involuzione, disegnandosi gli estremi d’un freddo quadro di miseria dove “tutti gli uomini sono come tante uova”, dove è proibito ogni segno di vera vita. La prima “Operetta infelice e per questo morale” si ribalta lasciando il posto ad un’ “Operetta immorale e per questo felice”.
Rivoluzione e miseria sono parole che riempiamo d’una natura ambigua e paradossale, nell’unica certezza di volerci aggrappare al teatro, fatto di piccole e povere cose, ma capace di grandissime riflessioni sul potere dell’uomo di ribellarsi e dunque ritrovarsi. Passeggiando con il Maestro della più amara e saggia ironia, ci disperdiamo giocando con scenari che danno largo all’immaginazione, sperando di far scivolare il pubblico nella finestra di questo “oltre” che ancora in vita ci rimane e che può, con i suoi scherzi, renderci partecipi rivoluzionari del Sentimento del Sublime.