19/20/21 febbraio 2016
Teatro Vittorio Emanuele
musica di Igor Stravinskij
testo di Charles-Ferdinand Ramuz
traduzione adattamento e regia di Gianni Fortunato Pisani
personaggi ed interpreti
Gianni Fortunato (narratore), Mauro Failla (il Soldato)
Francesca Andò (Lucifero), Carmelo Alati (Mefistofele)
Erny Lamponi (La principessa, danzatrice)
Orchestra dal vivo
Giuseppe Fabio Lisanti (violino), Walter Roccaro (contrabbasso)
Fabio Costantino (clarinetto), Salvatore Palmeri (fagotto)
Giuseppe Ruggeri (cornetta), Giuseppe Paratore (trombone)
Francesco Russo (percussioni )
direttore musicale M° Michele Amoroso
scenografia di Monica Trupiano
costumi a cura di Palmira Occhipinti
coreografia di Carlotta Bolognese
ass.te regia e cura costumi Palmira Occhipinti
aiuto regia Lorenzo Pizzurro
Produzione E.A.R. Teatro di Messina
Storia letta, suonata, danzata e recitata, in due parti, su libretto di Charles-Ferdinand Ramuz e musiche di Stravinskij.
Per il soggetto dell’opera Stravinskij ricorre, come in altre occasioni, alla raccolta di fiabe russe di Afanasjev. Histoire du Soldat (1918) racconta di un piccolo Faust: un soldato in licenza che, tornando a casa dalla fidanzata, incontra sulla sua strada il diavolo. Il soldato possiede un violino e il diavolo, con la scusa di voler imparare a suonare, tenta – con artifici e imbrogli – di impossessarsi di questo bene prezioso. I due autori si mettono d’accordo per eliminare il carattere russo del materiale originario, al fine di conferire alla loro storia una portata universale, e di raggiungere così l’immortale leggenda faustiana.
L’organico musicale dell’Histoire du Soldat è limitato. Stravinskij volle concepire un’opera per “una specie di piccolo teatro ambulante”, con mezzi modesti. Rinunciando al pianoforte, il compositore opta per un insieme di sette musicisti che rappresentano le famiglie dell’orchestra con gli elementi estremi dell’acuto e del grave: gli archi sono rappresentati dal violino e dal contrabbasso, i legni dal clarinetto e dal fagotto, gli ottoni dalla cornetta e dal trombone; infine una percussione, dalla scrittura assai elaborata.
“L’insieme” scrive Stravinskij, “deve essere visibile dallo spettatore… giacché mi è sempre sembrato orrendo ascoltare la musica a occhi chiusi, senza che l’occhio avesse una parte attiva.” Infatti Stravinskij colloca bene in evidenza sulla scena: su un lato la piccola orchestra e sull’altro una piccola pedana per il Narratore. Nel mezzo la scena e gli attori, affiancati dalla musica da un lato e dalla voce recitante dall’altro. Questa disposizione precisa il collegamento dei tre elementi essenziali, che in stretta relazione tra loro, devono formare un tutto.
L’Histoire du Soldat, a dispetto della sua apparente semplicità, è uno dei capolavori più misteriosi di Stravinskij. Non vi è nulla di “clamoroso”; non vi si trovano elementi “folclorici” russi, né ricchi organici strumentali, né innovazioni spettacolari; bensì un materiale musicale e un’esigenza scenica (del resto facoltativa) ridotti al minimo.
“L’Histoire du Soldat, è pura musica, fondata sui rapporti, le proporzioni e le loro variazioni, e disdegna ogni effetto. Il materiale è semplice, per non dire banale, ma “strutturato al quadrato”. Rappresenta in pieno l’archetipo del fabliau: ma è anche qualcosa di più, è quasi l’archetipo della musica stessa. Tutte le sue strutture, tutte le sue melodie, tutti i suoi ritmi e persino la frase in apparenza più volgare, che in realtà si rivela la più incredibilmente raffinata (per esempio, quella della cornetta nella “Marcia Reale”), rappresentano la musica, ne sono traccia originale, segno, ideogramma” (André Boucourechliev).