Regia di Giorgio Bongiovanni
Scene e costumi di Carla Ricotti
Musiche di Marco Mojana
Luci di Renzo Di Chio
Maschere dei Sartori
Produzione E.A.R. Teatro Di Messina
Il Dottor Balanzoni Tommaso Minniti
Rosaura, sua figlia Maria Laila Fernandez
Beatrice, sua figlia Roberta Catanese
Colombina, loro cameriera Carmen Panarello
Ottavio, amante di Beatrice Luca Fiorino
Florindo, amante di Rosaura Gabriele Furnari Falanga
Brighella, suo confidente Tommaso Minniti
Pantalone, padre di Leonardo de Colle
Lelio, il bugiardo Angelo Campolo
Arlecchino, suo servo Enrico Bonavera
Un vetturino napolitano Lorenzo Pizzurro
Una giovine di mercante Adriana Mangano
Un portalettere Simone Corso
Suonatori Ilenia Giorgianni
Raimonda Ruginyte
Sonia Zanetti
Uno spettacolo per ridere dei bugiardi da commedia e del sottile confine tra verità e finzione. Sullo sfondo di una Venezia da favola, una serenata tra i canali innesca l’inarrestabile catena di menzogne che Lelio, come i bugiardi di ogni tempo, usa per mutare l’inganno in realtà.
Nella commedia recitata in una sera di primavera del 1750 a Mantova, Goldoni non presentò certo al pubblico un personaggio del tutto nuovo: già un secolo prima Alarcón e Corneille avevano posto in scena figure di impenitenti bugiardi; per non parlare dei modelli omerici che avevano esaltato le menzogne di Odisseo come segno di raffinata intelligenza. D’altra parte da sempre, in diversi campi dell’attività umana, dall’amore alla politica, dal commercio all’amicizia, dalla finanza fino (ovviamente) alla pubblicità, menzogna e verità sono sempre state separate da un unico, sottilissimo, labile confine. Ne Il bugiardo di Goldoni si capovolge lo schema morale dell’intreccio con la perdita del giudizio moralistico nei confronti della menzogna. Lelio, il bugiardo, diventa simpatico, estroso e geniale nelle sue invenzioni. Il pubblico finisce per parteggiare per lui anche quando, alla fine, viene smascherato. La menzogna esercita fascino e simpatia, l’ingiustizia non viene punita. Tutti coloro che ne sono coinvolti la condannano, ma chi sta fuori a guardare la scena si diverte alle rocambolesche invenzioni del malvagio imbroglione. Il pubblico dovrebbe, teoricamente, avvertire un senso di disagio assistendo all’ultima scena, in cui si ritrova a simpatizzare con un ignobile farabutto che l’imperativo morale vorrebbe invece odioso. Goldoni sembra suggerirci che, probabilmente, questa simpatia verso il criminale, il maledetto, il pirata, è qualcosa di connaturato all’umano. Noi tutti, sembra riflettere Goldoni, spettatori nel Teatro del Mondo, siamo attratti dall’ignobile menzogna, dall’offensiva ingiustizia, ma solo finché non ne siamo toccati. Se non siamo coinvolti ci divertiamo un mondo allo spettacolo del mentitore; ma quando tocca a noi, come ai personaggi sulla scena, ci arrabbiamo, ci indigniamo e siamo pronti a reclamare le più atroci pene per i bugiardi.