melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
tratto da “La dame aux camélias” di Alexandre Dumas
musica Giuseppe Verdi
direttore Carlo Palleschi
scene, costumi e disegno luci Carlo Antonio De Lucia
coreografie Sofia Lavinia Amisich
regia Carlo Antonio De Lucia
cast
Elvira Fatykhova: Violetta Valery
Sara Palana: Flora Bervoix
Francesca Canale: Annina
Roberto Iuliano: Alfredo Germont
Giuseppe Altomare: Giorgio Germont
Davide Scigliano: Gastone
Alberto Crapanzano: Barone Douphol
Alessandro Vargetto: Marchese D’Obigny
Maurizio Muscolino: Dottor Grenvil
Antonio Mauceri: Giuseppe/Domestico
Marcello Siclari: Commissionario
Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele
Coro Lirico “Francesco Cilea” diretto da Bruno Tirotta
nuovo allestimento e produzione Ente Autonomo Regionale Teatro di Messina
La traviata è una delle opere più famose, note e belle di Giuseppe Verdi. Scritta su libretto di Francesco Maria Piave, si compone di tre atti ed è tratto dalla pièce teatrale “La signora delle camelie”, scritta dall’autore francese Alexandre Dumas (figlio); quest’opera verdiana, assieme a “Il trovatore” e a “Rigoletto“, fa parte della cosiddetta “trilogia popolare”.
In parte composta nella villa degli editori Ricordi a Cadenabbia, nella splendida cornice del lago di Como, la prima rappresentazione teatrale de La traviata, avvenne al Teatro La Fenice di Venezia, nel giorno 6 marzo 1853; in tale occasione, tuttavia, a causa soprattutto di interpreti non di adeguato livello e a causa della scabrosità dei temi, la rappresentazione si rivelò un fiasco totale. Venne ripresa comunque il 15 maggio 1854 quando ottenne il meritato successo.
La traviata: genesi dell’opera
Nella mente di Verdi prende corpo questa nuova fatica, dopo aver visto a teatro “La signora delle camelie” a Parigi, accompagnato da Giuseppina Strepponi, nel febbraio del 1852. Elabora questo dramma – opera di Dumas figlio – e ne ricava un intenso melodramma dal valore emotivo e di un esasperato romanticismo. Giuseppe Verdi ha donato al mondo un’opera di estremo lirismo. Il maestro scriveva, come riportato da giornali dell’epoca, al presidente del teatro alla fenice signor Marzari: “Ho volutamente cercato un soggetto pronto, certamente di sicuro effetto“, con questa frase di fatto, presentava e promuoveva la nuova opera da mettere in scena per il Carnevale del 1853. La sua fatica fu condivisa da Francesco Maria Piave che ne scrisse il libretto nel novembre di quell’anno, per un un compenso di 1.000 lire austriache.
Il lavoro per Giuseppe Verdi fu sicuramente grande: la scrisse in 40 giorni, da fine gennaio ai primi di marzo del 1853. Consideriamo anche che “Il trovatore andò” in scena il 19 gennaio del 1853, al teatro Apollo di Roma, cioè solo due mesi prima. La traviata fu rappresentata il 6 marzo 1853 a Venezia, al teatro La Fenice: fu un totale insuccesso, e come disse lo stesso Maestro “un fiasco“. Leggendo le cronache di allora, si evince che comunque il maestro non si turbò molto, e leggendo le varie lettere da lui spedite da Venezia nei giorni successivi circa il “fiasco”, lo troviamo quasi impassibile. In una sua corrispondenza con casa Ricordi si legge “non indaghiamo sulle cause, la storia è così. Colpa mia o dei cantanti? […] Il tempo giudicherà“. Al suo corrispondente da Genova rispose in questo modo: “La traviata ha fatto un fiascone e – peggio – ne hanno riso. […] Eppure che vuoi […] Non son turbato. Ho torto io o hanno torto loro? Ma io credo che l’ultima parola sulla Traviata non sia quella di jeri sera, la rivedranno e vedremo!“.
Effettivamente il maestro conosceva e sapeva quello che scriveva, attese sino alla sera del 15 maggio 1854, quattordici mesi dopo l’insuccesso alla Fenice, e sempre a Venezia, al teatro San Benedetto il popolo veneziano, ne decretò il successo, ottenendo un completo trionfo ed un completo consenso di stampa. Quella sera non fu altro che il ”preludio”, del percorso che, La traviata, ha fatto nei suoi oltre 160 anni di vita, raccogliendo trionfi e consensi in tutti i teatri del mondo, ponendosi al vertice di tutta la produzione verdiana.
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853.
ATTO PRIMO
Parigi e sue vicinanze, 1850 circa. C’è una gran festa nella casa di Violetta Valéry, una mondana famosa: è un modo per soffocare l’angoscia che la tormenta, perché ella sa che la sua salute è gravemente minata. Un nobile, Gastone, presenta alla padrona di casa il suo amico Alfredo, che l’ammira sinceramente.
L’attenzione che Violetta dimostra per la nuova conoscenza non sfugge a Duphol, il suo amante abituale. Mentre Violetta e Alfredo danzano, il giovane le dichiara tutto il suo amore e Violetta gli regala un fiore, una camelia: rivedrà Alfredo solo quando sarà appassita. Alla fine della festa, Violetta deve ammettere di essersi innamorata davvero, per la prima volta.
ATTO SECONDO
Alfredo e Violetta Valéry hanno abbandonato, insieme, la metropoli e vivono felici in una villa.
Quando l’uomo viene a sapere, attraverso una confessione della cameriera Annina, che Violetta sta vendendo i suoi gioielli perché è rimasta senza denaro, si precipita a Parigi per procurarsene. L’amica di Violetta, Flora, l’invita a una festa; ma la ragazza non ha voglia di andarvi e rimane in casa, dove riceve la visita inattesa del padre di Alfredo, Giorgio Germont.
Costui l’accusa di condurre il figlio alla miseria; ma Violetta contesta le sue affermazioni, gli fa vedere che, al contrario è stata lei a vendere i suoi preziosi e afferma di non avere mai chiesto nulla ad Alfredo. Giorgio sembra convinto, ma non rinuncia al suo proposito di separare Alfredo e Violetta.
Infatti quel legame dà scandalo e finché dura non potrà far sposare un’altra figlia. La donna deve scegliere, e fa quello che crede essere il bene del suo innamorato.
Abbandona Alfredo, che è colto da gelosia. Violetta riappare a una festa nuovamente accompagnata da Duphol, che vorrebbe sfidare a duello il giovane Germont, Violetta lo implora di lasciare la casa; se ne andrà, dice lui, solo se lei lo seguirà.
La ragazza allora gli rivela di avere giurato di non incontrarlo e lascia credere di aver fatto questo giuramento a Duphol, per non raccontare ad Alfredo il colloquio che ebbe con suo padre, a proposito di sua sorella. Alfredo si indigna, la tratta da prostituta. Arriva Giorgio, che lo rimprovera per questo comportamento; ma non gli svela la verità.
ATTO TERZO
Il male che da tempo mina la salute di Violetta si è molto aggravato. La donna non può più alzarsi dal suo letto. Le giunge una lettera di Germont: finalmente, ha deciso di spiegare tutto a suo figlio.
Alfredo si è commosso e sta arrivando. Violetta è incredibilmente contenta, ma per lei non c’è più nulla da fare; teme, anzi, di non sopravvivere fino al suo arrivo. Ma, infine, Alfredo è lì, al suo capezzale; e vi è anche suo padre, profondamente pentito.
La tisi uccide Violetta davanti a loro, in un clima di acuto dolore, addolcito però dalla delicatezza e dalla purezza dei sentimenti.